18 marca 2023

Międzynarodowa Nagroda Św. Tomasza z Akwinu przyznana w tym roku Fundacji Ratzingera.

Fundacja Ratzingera, ze względu na rozpowszechnienie myśli Benedykta XVI, otrzymała Międzynarodową Nagrodę im. św. Tomasza z Akwinu.

Nagroda, przyznawana co roku przez Circolo San Tommaso d'Aquino, została poświęcona pamięci papieża emeryta, który zmarł 31 grudnia ubiegłego roku. Ceremonia wręczenia nagród odbyła się 11 marca tego roku w kościele Santa Maria della Libera w Aquino.

lectio magistralis, która prześledziła katechezy Benedykta XVI o Tomaszu z Akwinu i niezwykłym współbrzmieniem myśli między nimi, przewodnicxzący Fundacji, ks. Federico Lombardi, złożył hołd papieżowi emerytowi, otrzymując złotą pochodnię Międzynarodowej Nagrody Tomasza z Akwinu.

 

Treść wystąpienia Ks. Federico Lombardiego S.I. z okazji przyznania Nagrody

św. Tomasza z Akwinu naszej Fundacji.

Joseph Ratzinger/ Benedetto XVI e San Tommaso d’Aquino (Aquino, 11.3.2023)

Ringrazio di cuore il Circolo San Tommaso d’Aquino e il Comitato scientifico del Premio Internazionale San Tommaso d’Aquino per aver voluto attribuire quest’anno il Premio alla memoria del Papa emerito Benedetto XVI recentemente scomparso, consegnandolo simbolicamente alla Fondazione da me rappresentata.

Si tratta di un forte incoraggiamento per il servizio della Fondazione, mentre continua il suo cammino nonostante la morte del suo padre e ispiratore, ma si tratta soprattutto di un giustissimo riconoscimento per la persona e l’opera di Benedetto XVI. Lo ritengo del tutto appropriato da parte di questo benemerito Circolo, non solo per la indiscussa grandezza e durevolezza dell’opera del Papa emerito, ma anche per l’altissima stima che egli coltivò per la persona e l’opera di San Tommaso d’Aquino. Il nesso fra il pensiero di Tommaso e quello di Joseph Ratzinger è infatti profondissimo, fondamentale. E non solo per il pensiero, ma anche per il senso del loro impegno e della loro intera vita.

A questo tema vorrei dedicare il mio breve intervento, necessariamente assai limitato, che seguirà soprattutto la limpida traccia delle catechesi dedicate da Papa Benedetto a San Tommaso d’Aquino. Nel grande ciclo sui padri della Chiesa e sui santi, nel corso delle Udienze generali, egli infatti ne dedicò ben tre al vostro compatriota, nel giugno del 2010; un numero pari a quelle dedicate a San Bonaventura, e secondo solo alle cinque dedicate a Sant’Agostino. Com’è noto Agostino è l’Autore prediletto di Benedetto, che gli dedicò la sua tesi dottorale. Noto è anche il suo rapporto con Bonaventura, a cui dedicò la dissertazione per la libera docenza. Forse meno noto è il suo rapporto con Tommaso, ma non meno importante.

Joseph Ratzinger inaugura ufficialmente la sua carriera accademica come nuovo professore all’Università di Bonn, nel 1959, a soli 32 anni, con una lezione magistrale - rimasta famosa - sul tema da lui scelto: “Il Dio della fede e il Dio dei filosofi”. Ebbene, proprio in apertura, per presentare la tradizione cattolica sull’argomento, chiama in causa esattamente Tommaso d’Aquino, con la sua sintesi mirabile fra il pensiero antico e la visione cristiana: il Dio conosciuto tramite la filosofia e il Dio cristiano è lo stesso Dio, e “la grazia non distrugge la natura, ma la eleva e la perfeziona”. Da qui il giovane teologo prende le mosse per sviluppare ulteriormente le sue riflessioni, che rappresenteranno in certo senso un suo programma filosofico-teologico per il nostro tempo.

Ma torniamo alle tre catechesi prima ricordate. Poiché in questa sede non è certo necessario ripetere informazioni su vita e opere di San Tommaso, cerco di metterne in rilievo gli aspetti in cui risuona una forte sintonia di Papa Benedetto con l’Aquinate.

Anzitutto, Papa Benedetto descrive la situazione in cui si trova Tommaso come una situazione di interrogativi fondamentali, suscitati dall’incontro della cultura del mondo latino cristiano con le opere di Aristotele. Queste erano rimaste ignote per lungo tempo, e presentavano “una visione completa del mondo sviluppata prima e senza di Cristo, con la pura ragione, e che sembrava imporsi alla ragione come ‘la’ visione stessa”. Osserva Benedetto: “Vedere e conoscere questa filosofia esercitava quindi un incredibile fascino sui giovani”. “Si incontrarono due culture: la cultura pre- cristiana di Aristotele, con la sua radicale razionalità, e la classica cultura cristiana”. “La questione pressante era questa: il mondo della razionalità, la filosofia pensata senza Cristo, e il mondo della fede sono compatibili? Oppure si escludono?”.

L’attualità di una tale questione, fatte le debite trasposizioni nel nostro tempo, è impressionante. Essa si è già posta in precedenza nell’epoca moderna e si pone anche oggi. La visione del mondo che accompagna ed è in certo senso generata dallo sviluppo della scienza e della tecnica moderna e che si presenta sotto la veste della razionalità scientifica, è compatibile o incompatibile con la fede cristiana? Ratzinger ha letto in questa chiave anche diversi degli interrogativi più profondi del Concilio Vaticano II.

Tommaso - spiega Papa Benedetto - studiò a fondo Aristotele e i suoi interpreti, e “svolse un’operazione di fondamentale importanza per la storia della filosofia e della teologia, direi per la storia della cultura... Tommaso d’Aquino mostrò che tra fede cristiana e ragione sussiste una naturale armonia. Questa è stata la grande opera di Tommaso, che in quel momento di scontro tra due culture – quel momento nel quale sembrava che la fede dovesse arrendersi davanti alla ragione – ha mostrato che vanno insieme, che quanto appariva ragione non compatibile con la fede non era ragione, e quanto appariva fede opposta alla vera razionalità non era fede; così egli ha creato una nuova sintesi, che ha formato la cultura dei secoli seguenti”.

Inoltre, la distinzione messa in luce da Tommaso fra i procedimenti conoscitivi della ragione e della fede garantisce l’autonomia sia delle scienze umane sia di quelle teologiche, ma fra esse esiste un’armonia e si può stabilire una reciproca e vantaggiosa collaborazione.

Chi conosce l’opera di Ratzinger / Benedetto XVI sente che qui ci troviamo nel cuore di uno dei suoi snodi più caratteristici e qualificanti. La continuità dell’ispirazione di Tommaso in quella di Ratzinger appare impressionante. Fede e ragione si richiamano

e hanno bisogno l’una dell’altra, in un dialogo continuo, non solo nell’approfondimento delle conoscenze teologiche, ma anche nell’affrontare le questioni cruciali dell’antropologia e della società umana, dell’etica e dei diritti.

La fiducia nella ragione umana dà anche la base per il dialogo con chi non condivide la fede, perché la ragione è comune a tutti. Proprio grazie ad essa il cristianesimo si è proposto e si propone come religione di orizzonti universali e Benedetto XVI nei suoi grandi discorsi internazionali, a Parigi, a Londra, a Berlino... ha sempre offerto, proprio sulla base comune della ragione, la collaborazione costruttiva della fede cristiana per il bene comune dell’umanità.

Quando Benedetto definisce quale sia l’idea di ragione di Tommaso, penso che possiamo dire tranquillamente che sta definendo allo stesso tempo anche la sua idea di ragione. Dice appunto: “Tommaso ci propone un concetto della ragione umana largo e fiducioso. Largo perché non è limitato agli spazi della cosiddetta ragione empirico-scientifica, ma aperto a tutto l’essere e quindi anche alle questioni fondamentali e irrinunciabili del vivere umano. Fiducioso perché la ragione umana, soprattutto se accoglie le ispirazioni della fede cristiana, è promotrice di una civiltà che riconosce la dignità della persona, l’intangibilità dei suoi diritti e la cogenza dei suoi doveri”. E qui Benedetto aggiunge: “Non sorprende che la dottrina circa la dignità della persona, fondamentale per il riconoscimento dell’inviolabilità dei diritti dell’uomo, sia maturata in ambienti di pensiero che hanno raccolto l’eredità di San Tommaso d’Aquino, il quale aveva un concetto altissimo della creatura umana”.

Mi sia lecito ricordare qui, anche se solo di passaggio, che nel suo bellissimo trattato sull’escatologia (cioè sulle “cose ultime”, la morte, la vita eterna...) Ratzinger attribuisce a Tommaso il merito di aver superato l’aristotelismo con un concetto radicalmente nuovo di “anima forma del corpo”, un concetto di anima che è stato fondamentale per secoli per la visione cattolica, ed è tuttora prezioso per il discorso sull’immortalità, anche se Ratzinger a sua volta gli dà un’intonazione nuova, di carattere più “dialogico”, di dialogo con Dio. Lo voglio sottolineare, perché Ratzinger è uno dei pochi teologi contemporanei che ha il coraggio di affrontare in profondità, non solo dal punto di vista esegetico-biblico, ma anche da quello filosofico-teologico- razionale la tematica delle “cose ultime”, della morte e della vita eterna. Proprio anche in questa tematica egli incontra Tommaso come un interlocutore fondamentale.

Ma torniamo al filo conduttore delle catechesi. Come abbiamo visto, l’aspetto, del rapporto fra ragione e fede è centrale per l’ammirazione e la sintonia di Benedetto con Tommaso. Ma ce ne sono anche altri che voglio ricordare.

Benedetto ci parla di un Tommaso che non è solo professore, ma anche predicatore, secondo lo spirito di San Domenico. Il papa insiste sul fatto che è “una grande grazia quando i teologi sanno parlare con semplicità e fervore ai fedeli”, e che “il ministero della predicazione aiuta gli stessi studiosi di teologia a un sano realismo pastorale e arricchisce di vivaci stimoli la loro ricerca”. Se abbiamo ascoltato le omelie di Ratzinger / Benedetto sappiamo quanto fossero una sintesi altissima di dottrina, spiritualità e cultura, quanto fossero elevate nella cura del linguaggio e capaci di condurre i fedeli verso il cuore del mistero celebrato. Anche Benedetto, come Tommaso, è stato quindi un grande teologo, ma anche un grande predicatore, perché ha vissuto il suo approfondimento teologico esattamente come servizio ecclesiale, servizio alla fede della Chiesa e del popolo fedele.

Nella stessa linea Benedetto mette anche volentieri in luce come gli argomenti affrontati nella predicazione di Tommaso – in particolare il Credo o Simbolo degli Apostoli; il comandamento dell’amore e il Decalogo; il Padre Nostro – esprimano pienamente ciò che noi crediamo, ciò che noi viviamo in conseguenza della fede, ciò che noi preghiamo. E questa è esattamente la sequenza degli argomenti essenziali per la catechesi della Chiesa, quella che orienta la struttura dei grandi catechismi, fino al recente Catechismo della Chiesa Cattolica, redatto – come sappiamo - sotto la guida del card. Ratzinger. La capacità di una grande visione organica dell’intera dottrina cristiana, di una sintesi ampia, solida e argomentata, quella che ammiriamo nelle poderose Summae di San Tommaso, è nel nostro tempo rarissima, data la frammentazione crescente, impressionante, della nostra cultura. Credo che Joseph Ratzinger sia una delle poche personalità contemporanee che abbia saputo conservare la forza e il coraggio intellettuale e spirituale necessari per cercare una grande sintesi, come quella appunto poco fa ricordata del Catechismo della Chiesa Cattolica. In ciò credo dunque che possiamo avvicinarlo di nuovo a San Tommaso, e non è un caso che egli stesso rilevi come le citazioni esplicite di Tommaso nel Catechismo sono numerosissime – sessantuno! – seconde solo a quelle di Agostino.

Un aspetto particolarmente coinvolgente, infine, riguarda la vita spirituale del Santo. Si vede che Benedetto ne è profondamente e intimamente ammirato.

C’è un rapporto personale, intimo, di Tommaso con Gesù, il Verbo incarnato.

Questo trova il suo punto focale nell’Eucarestia, nella celebrazione della Messa – accompagnata da molte lacrime - e nell’adorazione, accostando perfino il capo al Tabernacolo come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù. Sappiamo bene che il Papa Urbano IV, ad Orvieto, incaricò Tommaso di comporre i testi liturgici per la festa del Corpus Domini. Ogni volta che cantiamo l’Adoro te devote o il Pange lingua e il Tantum ergo dobbiamo ringraziare il Signore per la fede e la sapienza

teologica di Tommaso. Non è un caso che Papa Benedetto ce lo ricordi. La sua devozione per l’Eucarestia come centro della liturgia della Chiesa, il suo richiamo all’importanza dell’adorazione, sono caratteristici del suo magistero e della sua vita. A questo proposito amo ricordare che l’unica innovazione da lui fatta nelle Giornate Mondiali della Gioventù rispetto a Giovanni Paolo II, è stata di inserire l’adorazione eucaristica al termine delle grandi veglie serali, inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento insieme a centinaia di migliaia di giovani in silenzio: Adoro te devote...Ricordando la veglia della Giornata di Colonia, Benedetto diceva: “Prima di ogni attività e di ogni orientamento del mondo deve esserci l’adorazione. Solo essa ci rende veramente liberi; essa soltanto ci dà i criteri per il nostro agire. Proprio in un mondo in cui progressivamente vengono meno i criteri di orientamento ed esiste la minaccia che ognuno faccia di sé il proprio criterio, è fondamentale sottolineare l’adorazione” (22.12.2005).

All’adorazione si accompagna il senso profondo del mistero divino e del suo rispetto. Benedetto parla di un’atmosfera “misteriosa” che avvolge gli ultimi tempi della vita di Tommaso. Egli decide di interrompere ogni lavoro dopo che durante la celebrazione della messa aveva capito che quanto aveva scritto fino allora era “un mucchio di paglia”. Oltre a mettere in rilievo l’umiltà di Tommaso, Benedetto osserva che questo episodio “ci aiuta a comprendere che tutto ciò che riusciamo a pensare e a dire sulla fede, per quanto elevato e puro, è infinitamente superato dalla grandezza e dalla bellezza di Dio, che ci sarà rivelata in pienezza nel Paradiso”. Anche Benedetto in certo senso ha capito nella preghiera che doveva por fine a un suo servizio, e anche lui è giunto durante il suo ritiro a sentire sempre più “la grandezza delle parole di Cristo, che spesso sfuggono più di prima all’interpretazione...” (UC, p.194). C’è un senso grande e crescente del mistero di Dio, verso cui cammina e in cui entra sempre più la vita di chi lo cerca.

Benedetto ricorda che nella terza parte della Summa theologiae Tommaso parla del Mistero di Cristo e “scrive pagine pressoché insuperate sul Mistero dell’Incarnazione e della Passione di Gesù”. Ma ama anche ricordare un episodio commovente narrato dai biografi antichi. “Mentre il Santo, come suo solito, era in preghiera davanti al Crocifisso, al mattino presto, nella Cappella di San Nicola, a Napoli, Domenico da Caserta, il sacrestano della chiesa, sentì svolgersi un dialogo. Tommaso chiedeva, preoccupato, se quanto aveva scritto sui misteri della fede cristiana era giusto. E il Crocifisso rispose: ‘Tu hai parlato bene di me, Tommaso. Quale sarà la tua ricompensa?’ (Bene scripsisti de me, Thoma; quam ergo mercedem accipies?). E la risposta che Tommaso diede è quella che anche noi, amici e discepoli di Gesù,

vorremmo sempre dirgli: ‘Nient’altro che Te, Signore!’ (Non aliam, Domine, nisi Teipsum!)”.

Ora, sappiamo bene quanto Benedetto XVI abbia desiderato compiere anch’egli il suo scritto su Gesù, come opera ultima e più importante: la trilogia che lo ha accompagnato durante l’intero pontificato, non solo come opera di studio, ma come ricerca del volto di Cristo, con tutte le sue forze migliori della mente e dello spirito, come testimonianza di fede e di intelligenza. E sappiamo come anche nel decennio dopo il pontificato la riflessione su Gesù Cristo e le sue parole, e la preghiera siano rimasti il filo conduttore della sua vita fino alla fine; una continua preparazione all’incontro. In base a una testimonianza credibile - anche se per tutti stupefacente data l’impercettibilità della sua voce negli ultimi tempi - nella notte precedente alla morte chi era con lui ha sentito in modo distinto le parole, che sono rimaste le sue ultime: “Gesù, ti amo!”.

La lezione inaugurale a Bonn del giovane teologo, che abbiamo prima ricordato, si concludeva riflettendo sulle parole del Salmo: “Cercate sempre il suo volto”, e sul relativo commento di Agostino sull’amore crescente che deve sempre accompagnare la ricerca continua dell’Amato. E Ratzinger trentaduenne concludeva: “In questo tempo terreno il compito della teologia rimane necessariamente incompiuto, essa è esattamente il cercare sempre nuovamente il volto di Dio ‘finché egli venga’ e sia egli stesso la risposta ad ogni ricerca”.

“Nient’altro che Te, Signore!” - “Gesù, ti amo!”. Tommaso e Benedetto sono stati per tutta la vita veri teologi, veri cercatori del volto di Dio. Confidiamo che ora abbiano ricevuto la grazia della risposta.

F. Lombardi S.I.

ks. Proboszcz

 

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